BERTO FOR EDITH MARCEL: #INTERVIEW
Vi ricordate l’esatto momento in cui avete deciso di diventare fashion designer?

In realtà non c’è un momento preciso in cui abbiamo deciso di diventare designer e proprio per questo ci piace pensare che dovesse andare così. Terminato il liceo, Gianluca decide di fare il test per la facoltà di design della moda, come riserva a quello per architettura, mentre Andrea inizia a studiare architettura e solo in un secondo momento, attraverso varie esperienze lavorative, si avvicina a questo lavoro. Ad ogni modo l’interesse per la moda è sempre stato innato per entrambi, fin da piccoli.
Abbiamo davvero apprezzato il rapporto diretto con l’azienda che ci fornisce anche un servizio di tutoring legato al mondo del denim e quindi una consulenza costante che segue l’intero sviluppo del progetto.
Qual è stato il vostro primo progetto?

Come primo progetto ci piace pensare al primo progetto assieme, la nostra prima collezione, la ss16, presentata durante la primavera 2015 a Pitti Immagine, in uno spazio per la prima volta riservato al genderless. Per noi è stata un’esperienza unica, che ha contribuito in modo decisivo a farci conoscere e a “presentarci”. Questo primo lavoro costituisce il tassello iniziale di uno studio e una ricerca in continuo sviluppo sul nostro concetto di non genere.

Il processo creativo: lavorate in modo istintivo o pianificate ogni singolo piccolo passo? Da dove vengono le vostre idee?

Ci piace programmare ogni singolo aspetto del lavoro, il nostro studio è tappezzato di liste e calendari, è fondamentale per noi per avere un ordine mentale e una tabella di marcia, sopratutto quando lavoriamo su più progetti con tempistiche diverse. Le idee invece spesso vengono per caso, proprio quando non le ricerchiamo direttamente, magari guardando un film, mentre andiamo da un fornitore o al ristorante. Ci facciamo suggestionare dagli stimoli più diversi, che possono arrivare in qualsiasi momento, anche per questo motivo abbiamo bisogno di essere supportati da un planning molto razionalizzato ma contemporaneamente flessibile.

Come è nata la vostra collaborazione con Berto?

Per noi la collaborazione con Berto è stata una vera sfida, nel nostro percorso non avevamo mai usato prima il denim, in quanto è un materiale a cui non ci sentivamo particolarmente legati. Ma siamo aperti anche a ciò che è inusuale per noi. Ad esempio, all’inizio del nostro percorso un aspetto su cui eravamo incerti era l’eventuale creazione di una capsule collection di t shirt stampate, perché quello delle stampe è un mondo che non ci rappresenta del tutto. Tuttavia, in seguito è nata la collaborazione con l’illustratrice che attualmente cura questa parte delle collezioni, abbiamo trovato assieme un linguaggio comune e il risultato ci è piaciuto, quindi abbiamo continuato. Possiamo dire che con Berto è andata allo stesso modo, avendo alle spalle l’esperienza delle stampe abbiamo deciso di intraprendere anche la sfida del denim. 


Quali tessuti di Berto avete utilizzato per il vostro progetto e la vostra collezione?

Il primo che abbiamo usato è stato Dinasty blu dry, che rappresentava per noi il denim classico. Poi abbiamo usato First scelto per la sua rigidità e il colore uniforme, il quale però è stato poi arricchito con dei pois ricamati a contrasto e per ultimo Kontessa che è un denim che grazie a nuove tecnologie seppur non lavato non sporca.

Qual è la parte più significativa di questo progetto secondo voi? Che cosa siete stati in grado di raggiungere grazie a questo programma?

In prima battuta, il fatto che il programma garantisca la possibilità di ordinare materiali senza dover rispettare dei minimi d’ordine e in seconda battuta il rapporto diretto con l’azienda che ci fornisce anche un servizio di tutoring legato al mondo del denim e quindi una consulenza costante che segue l’intero sviluppo del progetto.

“Less but butter” può essere letto come l’approvazione di un certo grado di purezza nel design ma anche nel fashion design. Può anche essere inteso come un messaggio ambientale sulla riduzione e la sostenibilità. Cosa ne pensate?

Assolutamente si, il nostro brand si sta gradualmente direzionando verso un’idea di moda sostenibile, è un argomento che ci sta molto a cuore ma non è facile per ragioni economiche, in quanto il prodotto finito ha costi maggiori e quindi è necessaria anche una sensibilizzazione dell’utente finale, e nondimeno in termini di supporto da parte delle aziende, infatti questo è stato uno degli aspetti per i quali abbiamo deciso di aderire al progetto di Berto.

C'è qualcosa che vorreste fare e che non avete ancora fatto?

Sì, andare in vacanza. :)

www.edithmarcel.it