BERTO FOR DESIGN AROUND: INTERVIEW

Ti ricordi l’esatto momento in cui ha deciso di diventare una fashion designer?


Non c'è stato un vero e proprio momento in cui ho deciso di dedicarmi alla moda e all'artigianato. È stato un processo lungo, che ha richiesto diversi anni di maturazione, visto che io vengo da tutt'altra formazione. Quando mi sono laureata miravo ad essere un architetto d'interni, principalmente di decorazione degli interni, e ho passato molto tempo a capire, attraverso i lavori in cui mi imbattevo, come si poteva reinterpretare la progettazione decorativa sia attraverso quello che offriva il mercato sia attraverso un nuovo modo di tradurre elementi cari alla tradizione di questa attività. Così ho iniziato a lavorare con quello che da sempre mi affascina: i tessuti. E li ho utilizzati nei più svariati modi all'interno dei complementi d'arredo con cui mi sono misurata da progettista. Questo ha fatto in modo che affinassi una certa conoscenza della materia e soprattutto che iniziassi ad avere rapporti con le maggiori case manifatturiere del settore, permettendomi di sperimentare anche oltre il “tradizionalmente consentito”. In queste sperimentazioni affinavo l'idea di utilizzare i tessuti per l'arredamento o per la moda in modo diverso rispetto alla loro destinazione originaria e iniziavo a progettare e realizzare manualmente “campioni” di cui io avevo ben precisa solo l'idea finale: la consistenza che serviva, la lucentezza che desideravo, il tatto che ricercavo. E ho iniziato a cucire. Imparando da sola. Senza scuola. Ma con la motivazione dell'interesse e della passione che mi faceva sperimentare praticamente, vestendola, una parte di quella architettura domestica che tanto amo.


Qual è stato il tuo primo progetto?

Design Around nasce due anni fa. È questo il mio primo e unico progetto. Ho iniziato a lavorare subito con le gonne. Quelle a ruota. Perché ero affascinata dalla storia della rivoluzione dell'abito fatta da Christian Dior, perché era un periodo che non facevo altro che ispirarmi agli anni '50 e così ho deciso di cucirmeli addosso.
Amo il tessuto Vogue perché ha una vestibilità che piace molto alle ragazze e colori che le fanno sentire notate, ma a loro agio sempre.
Il processo creativo: lavori in modo istintivo o pianifichi ogni singolo step? Da dove arrivano le tue idee?

Forse sbagliando, lavoro istintivamente. Questa cosa non sempre porta i suoi frutti perché a volte c'è la necessità di una precisa schematizzazione prima di imbattersi in un'idea. Ma, spesso, il guizzo del momento ti fa cogliere cose che probabilmente non arriverebbero con una sistematica progettazione di intenti. Le mie idee vengo sempre dal mondo, da quello che mi circonda, dal momento emotivo che ho, dai posti che frequento. Io sono una curiosa, e questa cosa mi rende una buona osservatrice, riflessiva e creativa nella fase successiva.


Che cosa hai pensato quando sei stata contattata da Berto?

Mi sono sentita onorata. Ero felicissima di lavorare con un team di questo calibro. Ho iniziato la collaborazione con Berto convinta del fatto che quando esistono progetti validi, e quando si dà un risultato di qualità e di artigianato, anche le aziende più grandi sono disposte a sostenere e a sperimentare. E in questo Berto è sempre presente, grazie a una visione particolarmente “illuminata”, a parer mio, del fare produzione al giorno d'oggi.


Con quali dei tessuti di Berto hai lavorato per il tuo progetto e le tue collezioni?

Ho lavorato con diversi tessuti, di pesantezze e consistenze diverse. Con tanti stampati e qualche underjacket. I più richiesti della linea Berto sono: il Tobago Blue, Il Grace color Print, il Windsor, e l'immancabile Vogue, che ha una vestibilità che piace molto alle ragazze e colori che le fanno sentire notate, ma a loro agio sempre.

Qual è la parte più significativa di Berto for Talents secondo te? Quali obiettivi sei stata in grado di raggiungere grazie a questo programma?

Sono orgogliosissima di lavorare con un'azienda che sa di famiglia, e che ti accoglie come se tu ne facessi parte. E questa è una delle cose che hanno più significato per me. Un team che tiene al Made in Italy e lo pratica da sempre, che ha prodotti di qualità, che è aperto alle sperimentazioni e che soprattutto mette a disposizione dei progettisti il proprio knowhow basato sull'esperienza, sulla ricerca e sulla tradizione. Ho iniziato una collaborazione con Berto felice del fatto che il mio progetto d'imprenditoria avrebbe potuto avere un fiore all'occhiello, e sono convinta che ad oggi attraverso Berto, posso davvero dare alle clienti un quid unico.

“Less but better” può essere letto come l’approvazione di un certo grado di purezza nel design ma anche nel fashion design. Può anche essere inteso come un messaggio ambientale sulla riduzione e la sostenibilità. Cosa ne pensi?

Più che “less but better” io dico “less is more” citando Mies Van der Rohe che è stato uno dei miei primi amori ai tempi dell'università. E ci credo molto. Credo che la moda debba andare in questa direzione. Perché in un mondo in cui c'è tutto, e nessuno si inventa più nulla, e ogni bisogno può essere soddisfatto con un click dal proprio Mac, c'è necessità di un prodotto di nicchia. Di qualcosa che segue le leggi di un mercato che è in continua evoluzione e che per tanti versi semplifica, ma che non deve massimizzare-omologare-uniformare. Quindi io sono assolutamente “pro” la filosofia del “meno”. Sia per quanto riguarda il design inteso come modello, semplicità di linee, e chiarezza di forme, sia per quanto riguarda la produzione. Del resto con Design Around faccio solo pezzi unici. Non potrei pensarla altrimenti. Trovo che questo discorso perpetuato nel tempo possa davvero rendere al nostro mondo un po' più di vita: meno sprechi, meno energia utilizzata, meno dispersioni e perdite.

C’è qualcosa che non hai mai fatto e che ti piacerebbe realizzare?

Sono infinite le cose che vorrei. E questo è il mio cruccio da sempre: io desidero troppo. Ma è anche la fonte della mia creatività. Ho diversi progetti per questo anno. A parte una linea di sandali che sto già mettendo in produzione e che sono una parte dell'espressione della mia terra, che viene da questa tradizione di sandali di artigianato con Capri, Sorrento e Amalfi che hanno produzioni decennali, vorrei organizzare un evento a sfondo artistico, visto che da sempre sono appassionata di fotografia e credo di essere un po' mancante per questo verso nella mia azienda, con un contest fotografico che finirebbe nel periodo natalizio, affidando a fotografi professionisti e non, una delle mie produzioni e organizzando una mostra per esporre questi lavori. Poi c'è già l'idea di creare una linea di bluse, semplici e mettibili e una serie di piccole gonne in miniatura per le bimbe promuovendo la combinazione di una gonna in coordinato con la mamma.


www.design-around.it